Il paradiso, all’improvviso.

Coti-Chiavari, Corsica del sud, plage de Mare e Sole.

Questa mandria, composta da una trentina di animali liberi, sta vagando da quasi cinquant’anni tra la costa e la foresta delle colline nel sud della Corsica. Ogni stagione, ormai da molti anni, questi animali condividono con turisti e locali  la spiaggia in questo pezzetto di paradiso.

Un paradiso, sì, perché insieme ad una mandria  libera su una spiaggia, ci si ritrova momentaneamente in un mondo ideale di uguaglianza, libertà e persino fraternità.

Un paradiso provvisorio e in pericolo, dove è vivido l’ incanto di scoprirci così simili e così diversi.

Qui l’articolo

(Fonte: www.corsematin.com)

In Corsica sembra ci siano dai  15.000 ai  20.000 bovini liberi.

Contro l’ordinanza di abbattimento del sindaco di Volpajola-Barchetta si stanno raccogliendo le firme in questa petizione: https://www.change.org/p/non-%C3%A0-la-battue-administrative-de-volpajola-corse-ao%C3%BBt-2017?recruiter=90384866&utm_source=share_petition&utm_medium=facebook&utm_campaign=share_for_starters_page

 

 

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Una resistenza per sottrazione.

Foios,  22 luglio 2017

Circondato da uomini ostili, vedendosi appiccare il fuoco alle corna, uno schiavo decide di schiantarsi il cranio contro il palo a cui lo avevano legato. Forse in preda al panico (come non condividere il suo terrore?), forse (così piace pensare a noi) per il gusto amaro di rovinare la festa ai suoi persecutori: come non ricordare i gladiatori – umani e non – costretti a massacrarsi nelle arene, gli afroamericani linciati e appesi ai lampioni, tutti quei morti e quelle morte, quelle pelli diverse che avvolgevano corpi diversi, su cui è piovuta la rabbia dei “giusti”, degli “uomini dabbene”, dei “legittimi abitanti”? Quando sono i più poveri a godere del sangue versato, quando è il popolo ad infierire sui più deboli, quando su di loro trovano sfogo la frustrazione e le passioni più violente, la rete del privilegio si scopre come in rilievo: razza, specie, classe sono vettori di potere e vanno a spezzare le vite di chi, come questo toro, talvolta viene letteralmente messo all’angolo. Negli ultimi istanti concitati prima del buio perenne, la sua resistenza può manifestarsi sottraendo e non aggiungendo. Nella furia della disperazione, c’è chi può solo uccidersi per ribellarsi alla volontà di chi lo uccide. La gloria e l’infamia, in questo atto supremo di coraggio o in questa inconsapevole evasione verso l’unica superstite forma di salvezza, si mescolano nella fanghiglia della storia. Lo sguardo scorre una sfilata di immagini evanescenti sulla colonna di un giornale online, dall’altra parte dello schermo un animale muore, si occlude un mondo.

Articolo e video qui

(Fonte: www.video. corriere.it)

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Doppio tentativo

In meno di due settimane ha tentato la fuga dallo zoo dove è detenuta per ben due volte.

Si tratta di una tartaruga di 35 anni, chiamata Aboo, lunga più di un metro e dal peso di 55 chili che questa mattina, 3 agosto, è stata ripresa dalle telecamere interne mentre varcava l’uscita dello Shibukawa Animal Park, Giappone, e prontamente ricondotta all’interno.

E’ stato questo il suo secondo tentativo. Ci aveva già provato il 21 luglio scorso, quando è riuscita ad allontanarsi di 150 metri dall’entrata dello zoo.

“Camminava molto più velocemente di quanto mi sarei mai aspettata” ha commentato la persona che l’ha vista e fatta ricatturare.

Stava correndo verso la libertà. Ma la sua corsa è stata interrotta. Il suo sogno infranto.

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La resistenza di Otto

 

A tutti piacciono le storie di fuggitivi, a partire dal “Conte di Monte Cristo”, “Il prigioniero di Zenda”, e molte altre. E c’è indubbiamente qualcosa di intrigante nelle storie di animali in fuga, quando bestie selvatiche in qualche modo riescono a fuoriuscire dalle loro gabbie e ad irrompere negli spazi degli zoo di solito occupati dai soli visitatori”.

Ted Cox, Otto the Gorilla Escaped at Lincoln Park Zoo 35 Years Ago Today, Dnainfo, 27/07/2017

Era il 27 luglio 1982 quando, all’incirca alle nove di mattina, il gorilla chiamato Otto tentò la fuga dal Lincoln Park Zoo.

Vi era stato rinchiuso a metà degli anni Sessanta, rapito dalla sua Africa e portato in dono dal governo del Camerun. Prima di lui stessa sorte era toccata a Bushman, un meraviglioso esemplare alto più di un metro e ottanta per quasi 250 chili di peso. Così bello e così “amato” dagli abitanti di Chicago da restare loro prigioniero anche dopo la sua morte, avvenuta nel 1951 (un anno prima aveva anche lui tentato la fuga). Il suo corpo venne infatti imbalsamato e rinchiuso in una teca di vetro, ed è tutt’oggi visibile al piano terra del Field Museum of Natural History. A Bushman succedette Sinbad, che Ted Cox, nel suo articolo, descrive come un “vecchiaccio irascibile, soprannominato ai tempi il picchia-mogli”. Quando, nel 1976, venne inaugurata la nuova casa delle scimmie, e tutti i primati vennero qui trasferiti, Sinbad fu lasciato da solo nel vecchio edificio, proprio a causa del suo pessimo temperamento. Qui resterà, in totale solitudine, fino alla sua morte, avvenuta nel 1985.

Ecco Sinbad, ancora bambino, nei primi giorni della sua lunga prigionia, durata ben 37 anni:

Anche Sinbad, come Otto, era stato strappato alla sua famiglia e alla libertà in Camerun, e deportato a Chicago, nel 1948. Per dieci anni condivise la sua prigione con una femmina, Lotus. Ma quando i guardiani notarono il suo comportamento aggressivo, venne privato della sua compagnia. Era il 1958. A lui venne, quindi, inflitta la pena dell’isolamento per 27 anni. Anche lui, come Otto, come Bushman e come innumerevoli altri prigionieri in ogni parte del mondo, tentò invano la fuga. Era il 4 agosto 1964. Riuscì ad evadere dalla sua gabbia approfittando della distrazione di uno dei guardiani, raggiunse la cucina, e da qui cercò di oltrepassare la porta che dava all’esterno, nell’area dello zoo riservata ai visitatori. Ma venne fermato dalla polizia e da un fucile caricato a narcotico.

Ma torniamo ad Otto. Al contrario di Sinbad, a lui fu risparmiata la solitudine. Anzi, venne utilizzato come riprodutture e costretto a mettere al mondo ben undici figli. Fu anche star involontaria di un documentario girato nel 1977 ed intitolato “Otto: il gorilla dello zoo”.

Il documentario racconta del trasferimento di Otto e delle altre decine di primati detenuti allora a Chicago, dalla vecchia “casa” alla nuova costruzione. Da una prigione fatta di piccole gabbie ad una più grande, con il tetto in vetro per lasciare entrare la luce del sole, e da dove vedere di notte le stelle. Pareti di vetro infrangibile anziché sbarre di ferro. Corde e pali metallici ad imitare liane ed alberi che Otto ed i suoi compagni di prigionia non vedranno mai più. Alcuni di loro, quelli nati in cattività, non hanno mai visto.

Nel documentario si parla del valore educativo degli zoo, della loro valenza nel preservare specie animali a rischio di estinzione, della cura per il benessere fisico e psicologico di chi vi è rinchiuso.

Parole che stridono con il clangore metallico delle inferriate sbattute dagli inservienti, con la voce alta ed irata di uno di loro, che in una scena si vede usare il getto dell’idrante per costringere Otto a tornare nella sua gabbia.

E’ da qui, da questa prigione costruita sotto una collina, che Otto evade. Sono le nove di mattina. Approfittando del suo momentaneo trasferimento nel piccolo recinto esterno, chissà come riesce a scalare la parete di vetro alta tre metri che lo divide dal mondo, e a superare la doppia recinzione elettrificata. Sembrò prima dirigersi verso la vecchia costruzione, dove ancora era rinchiuso Sinbad, poi si diresse verso il luogo di detenzione dei leoni. Qui fu raggiunto dal veterinario dello zoo, che gli sparò del sedativo. Imperterrito, Otto continuò a vagare fino ad arrampicarsi sul tetto dell’edificio che ospita il centro di formazione. Oltre, il recinto esterno dello zoo e al di là il mondo, la libertà. Ma qui il tranquillante inizia a fare effetto, ed Otto cade, privo di coscienza, a terra.

Viene prontamente recuperato e riportato nella sua gabbia. Da quel momento, il recinto esterno verrà precluso a tutti i primati detenuti.

Otto morirà per un attacco di cuore nel 1988.

La storia della sua fuga, a trentacinque anni di distanza, continua ad essere un simbolo di ribellione, resistenza e desiderio di libertà. L’allora direttore dello zoo, affermò: “Le fughe di animali sono sempre storie eccezionali, se nulla di grave accade”.

Non è esatto: le fughe di animali sono sempre storie eccezionali, che purtroppo raramente finiscono come vorremmo e come i protagonisti stessi vorrebbero, a causa della evidente disparità di forze. Sono storie che si ripetono spessissimo, a dimostrare in maniera inequivocabile la volontà dei protagonisti, il loro essere individui dotati di coscienza, determinazione, intelligenza. Individui resistenti, che dalle loro prigioni non vogliono che uscire.

Fonti:

http://articles.chicagotribune.com/1985-03-20/news/8501150959_1_sinbad-gorilla-bronx-zoo

https://cdnc.ucr.edu/cgi-bin/cdnc?a=d&d=DS19640804.2.70

http://www.chicagonow.com/chicago-quirk/2012/05/escape-from-lincoln-park-zoo/

https://www.dnainfo.com/chicago/20170727/lincoln-park/otto-the-gorilla-escape-lincoln-park-zoo-anniversary

http://articles.chicagotribune.com/1992-03-29/features/9201290119_1_zoological-parks-zoo-gorilla-free-zoos/3

http://www.chicagotribune.com/news/nationworld/politics/chi-chicagodays-bushman-story-story.html

https://books.google.it/books?id=cT3oa7mpGigC&lpg=PA111&ots=nW5i0MQ_C0&dq=otto%20the%20gorilla&hl=it&pg=PP1#v=onepage&q&f=false

https://www.upi.com/Archives/1982/07/27/No-thats-not-the-zookeeper/1744396590400/

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25 anni di amicizia. Invece del sushi.

Baia di Tateyama, Giappone.

I  pesci della baia, tra cui Ioriko (così è stato chiamato) riconoscono il sub, lo aspettano e  tra loro è nata una lunghissima amicizia.

“I pesci creano mondi che non possiamo nemmeno immaginare. Sfidano la nostra comprensione. Il nostro modo fondamentale, almeno fino ad ora, di rapportarci con i pesci è stato violento e parassitario. Ci siamo letteralmente nutriti della loro creatività. Riconoscere la resistenza dei pesci ci offrirebbe modi differenti di pensare la relazione con loro, ben oltre la mera ricerca di nuovi sistemi atti a contrastarla. Che aspetto assumerebbe il nostro mondo se cominciassimo a sostenere la creatività dei pesci, se avessimo progetti comuni e non lavorassimo contro di loro?”

Dinesh Joseph Wadiwel, I pesci resistono?, in Liberazioni, n. 26, estate 2017, pp. 40-76, citazione a pag.76.  ( http://www.liberazioni.org/articoli/Liberazioni_26.pdf )

Articolo e video :

http://www.boredpanda.com/diver-fish-25-year-friendship-hiroyuki-arakawa-japan/?utm_source=facebook&utm_medium=link&utm_campaign=wtfu

(fonte: www.boredpanda.com)

 

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Ember evade dallo zoo. Criminalmente uccisa, lascia un compagno e cinque giovani figli.

Cotswold Wildlife Park, Oxfordshire, 25 luglio 2017

La direzione del parco ha affermato che la lupa è stata trovata al di fuori del recinto del parco, verso l’A361 ed  è stata eutanizzata rapidamente e professionalmente.  Ha anche aggiunto che la sicurezza dei visitatori e del pubblico è stata la priorità.

Articolo

(Fonte: www.theguardian.com )

 

 

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ELEFANTE IN FUGA

Ennesima fuga per la libertà di un elefante detenuto in un circo. Il 17 luglio a Porto Cesareo un elefante viene avvistato mentre, allontanatosi dal circo in cui era detenuto, cammina lungo la strada.

Vengono subito chiamati i suoi “padroni” e la sua fuga termina ben presto.

Sull’accaduto è intervenuto Paolo Bernini del M5S che da anni ormai, seguendo l’esempio di altri personaggi politici prima di lui, sbandiera il suo sincero animalismo come un vessillo.

Secondo quotidiano.net, Bernini avrebbe sostenuto che l’episodio “dimostra la totale incapacità di gestire gli animali da parte dei circensi”, incapacità che costituirebbe un rischio “per la salute e la tutela dell’incolumità pubblica”. Per questo, sostiene, ha chiesto alle forze dell’ordine di intervenire per “evidente omissione di custodia”. Insomma, per controllare che i circensi intensifichino i loro controlli, rafforzino le sbarre, chiudano bene catenacci e serrature, affinché, la prossima volta che l’elefante, o qualche altro prigioniero, cerchi di ribellarsi al suo destino di reclusione e sfruttamento, non abbia possibilità alcuna di riuscita.

Ora, prendendo per veritiere le dichiarazioni riportate dal giornale, e pur considerando le difficoltà che spesso l’onorevole incontra nell’esprimersi (ricordiamo le sue scuse dopo l’intervista a Ballarò del lontano 2013), ci piacerebbe suggerire a Bernini di riflettere sulla contraddizione tra le sue affermazioni ed il suo essere animalista e vegano. Se sei animalista e vegano, dovresti tifare per gli animali, sostenere i loro atti di ribellione, essere solidale con la loro resistenza. Riconoscere nei loro tentativi di evasione la loro determinazione, la loro capacità di pensare, ponderare, agire. Non atti fortuiti dovuti alla negligenza dei loro carcerieri. E, soprattutto, dovresti gioire per ogni fuga, non chiamare gli sbirri affinché obblighino i carcerieri di cui sopra a costruire galere più sicure.

 

Fonti:

http://www.corriere.it/foto-gallery/animali/17_luglio_18/salento-l-elefante-fugge-circo-passeggia-strada-le-auto-e6300b44-6b90-11e7-9094-d21d151198e9.shtml

http://bari.repubblica.it/cronaca/2017/07/17/foto/salento_elefante_cammina_per_strada-170960889/1/#1

http://www.salentolive24.com/2017/07/16/porto-cesareo-traffico-bloccato-da-un-elefante/

http://www.quotidiano.net/benessere/animali/animali-elefante-bernini-1.3278910

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” La libertà ha un prezzo”scrive il giornalista di turno.

Ci segnalano un articolo fresco di stampa e che riportiamo di seguito, sulla disperata fuga di un vitello avvenuta nei dintorni di Volterra. 

Colpisce in particolar modo il tono presuntuoso, paternalistico, di stampo coloniale e propagandistico, di chi scrive.

Il giornalista dà per scontate innanzitutto le “cure”, anzi, le “amorevoli “cure che “il padrone” riserverebbe agli animali della sua stalla e delle quali il vitello si sarebbe “un po’ stancato”, dimostrando così un’assoluta ignoranza e superficialità in termini di trattamento degli animali negli allevamenti, industriali o meno che siano (per inciso, crediamo sia plausibilmente da scartare l’ipotesi che i termini usati siano frutto di una qualche possibile e velata ironia, in quanto lo svelamento appare, diciamo così, davvero arduo); ritiene il salvataggio effettuato dai vigili del fuoco pari, addirittura ” degno”- scrive – a quello di un essere umano facendo leva proprio su quel addirittura sottinteso e più che mai significativo; spara a casaccio una conclusione svergognatamente moralista e ad effetto, sulla lezione degli umani che il vitello avrebbe dovuto imparare: “.. la libertà ha un prezzo. Sempre. Lui ha rischiato di pagarlo con la vita”.

A parte il fatto che a quel vitello la vita verrà sottratta brutalmente di lì a poco proprio da quel padrone che ha “tirato un sospiro di sollievo” per il suo recupero (vita sulla quale,  presi dall’urgenza di impartire lezioni, si sorvola agilmente), crediamo che gli animali  sappiano già quale sia il prezzo della libertà, perché ce l’hanno inscritta nel sangue della propria carne. Perché sono sfruttati, rinchiusi, incatenati, uccisi e, nonostante questo, nonostante la sproporzione di forze, continuano a scappare, ad evadere, a ribellarsi.

Questa è Resistenza Animale , quella che si farà beffe, un giorno, dei giornalisti supponenti che, per riempire le loro misere rubriche, tentano di disarticolare.

14 luglio 2017

(Fonte: www.iltirreno.gelocal.it)

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Evasione dal circo

Australia, 10 luglio 2017

Un cammello detenuto nel circo royale è riuscito ad evadere. Rincorso nel traffico dalla polizia, è stato fermato in un campo da golf.

Nell’articolo (theguardian.com) si ricordano le fughe di altri animali.

 

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In fuga dal mattatoio, con ostinazione

Pedaso (FM), 5 luglio

Sono riusciti a fermarlo solo sparandogli.

Articolo

(Fonte. www.corriereadratico.it)

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