Natura comune

Genova, 25 marzo 2020

Se le strade vuote di queste settimane inducono alla narrazione romantica del ritorno della “Natura“, allora siamo decisamente fuori strada. Perchè ci piace tanto questo mito del ritorno che sa tanto di eterno? Di una natura che ci perdona sempre tutto, che vive di vita propria, rassicurante e benignamente comprensiva comunque, Madre o Matrigna che sia?

Che alibi ci consente questa distanza? Possiamo proseguire con le malefatte della civiltà capitalista perchè la natura continua, da qualche parte, ad essere sfondo puro  e incontaminato? Ci permette forse di scoprire che, sotto la patina devastante, i colori del quadro rimangono intatti? Oppure noi siamo all’interno del quadro e la natura è l’artefatto di Dorian Gray?

In rete abbondano le foto e i video degli scenari delle città deserte popolati da presenze davvero insolite: delfini nei porti, lepri nei parchi, anatre che nidificano sui pontili e nelle fontane. Proprio quest’ultima situazione in realtà così insolita proprio non è. Con l’arrivo della primavera, le anatre compaiono sempre anche negli specchi d’acqua cittadini, ma di solito non andiamo oltre il sorriso strappato da una situazione che ci pare un po’ buffa. Se ci fosse sempre il silenzio che avvolge le città durante queste giornate di pandemia, sentiremmo  con chiarezza il ritorno degli uccelli. Anche i cinghiali, ora presenza salutata con simpatia, fanno talvolta irruzione nei perimetri urbani, ma ‘normalmente’ scattano panico ed emergenza. I nostri territori antropizzati, l’invasione assordante delle automobili, la devastazione dello sfruttamento e dell’inquinamento spingono via le presenze terrestri che non siano umane. 

Le dinamiche di respingimento in realtà ci sono ben note e non riguardano certo solo gli animali: non tutt* gli umani hanno il titolo di cittadini del mondo… È un titolo che si dà e si toglie all’occorrenza. E le zone marginali in cui vogliamo confinat*  chi non ha “diritto di cittadinanza” a volte si sovrappongono al traffico e al viavai, con le loro pareti di cartone, estraneità, diffidenza o fatte di ferro e mattoni. Fatte della nostra incapacità di riconoscere modi ‘diversi’ di abitare il mondo o di pensarlo come uno scenario aperto, come un territorio su cui le vite, semplicemente, scorrono… Eppure, nonostante il nascondimento e anzi, spesso proprio grazie a questo, ogni vita r-esiste. Da un altro spazio sovrapposto e insospettato, si annusa l’aria in attesa di riprendersi il proprio pezzetto di mondo. Appena la presenza umana si ritrae, le altre vite si rivelano dove sono sempre state: sotto un albero o ad annaspare sotto le acque rese torbide o in là quel tanto per non finire stritolati da un’elica o da migliaia di ruote.

Non c’è la natura che ritorna… e se,come dice Donna Haraway, “la natura è un luogo comune”, nel doppio senso secondo cui non esiste come realtà staccata ma dev’essere il luogo della convivenza e dell’intessere relazioni,  allora questi sono giorni in cui si rivela proprio per quello che è. Si rivela perchè ne siamo immers*.

Come si diceva, a Genova si incontrano spesso i cinghiali. QUI un articolo e il meraviglioso video girato esattamente un anno fa, giorno più giorno meno:

E qui, oggi: https://www.primocanale.it/notizie/con-la-citt-vuote-per-il-coronavirus-gli-animali-si-impossessano-delle-strade-217579.html

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