La storia di Giuseppe

La racconta chi l’ha incontrato. Chi ha sentito ed accolto la sua richiesta di asilo di ‘piccolo’ perseguitato:

“Giuseppe è il topolino più in gamba del mondo. L’ho conosciuto lo scorso anno, in luglio, mentre io e mio marito arrivavamo ai giardinetti dietro casa con la nostra cagnolina. Zoi ha cominciato a puntare in direzione di un bel cerchio di tre gatti, e in mezzo a quel cerchio c’era un tondino bianco che si muoveva. Mi sono avvicinata tra gli sguardi di riprovazione estrema dei gatti, e con un sacchettino igienico pulito, dopo qualche tentativo, ho raccolto un topino bianco che sembrava quasi contento di entrarci dentro.

Non avevamo un contenitore adatto per ospitarlo e un’amica l’ha tenuto per noi qualche settimana. Ho cercato adozione per lui, come faccio per i gatti e i cani che spesso tengo in stallo, e ho scoperto un mondo che non conoscevo: i topi che vivono in famiglia sono spesso ex animali da laboratorio, di frequente oggetto di campagne di adozione. Le curano le associazioni che li raccolgono dai laboratori, se e quando i topolini sopravvivono. Sarebbe stato difficile far adottare Giuseppe con la quantità di piccoli amici che cercavano casa. Un amico ha provato a tenerlo, e la sua gatta ha tentato in ogni modo di scassinare porte e gabbie che li separavano. Anche mio marito all’inizio voleva rinviarlo “in natura”… certo: una naturalissima fogna per un topolino che probabilmente aveva visto l’erba per la prima volta il giorno in cui i gatti stavano per cucinarlo. I topi, come ho letto su internet, sono davvero gli ultimi mammiferi della terra: odiati e allontanati da tutti, oggetto di pregiudizi e persecuzioni.

Dopo un annuncio sulla rete Gas di Firenze, ho ricevuto così tante gabbie in regalo che avrei potuto adottare altri dieci topolini: ma ora sapevo che farne; ne ho tenuta una, e le altre le ho raccolte e mandate all’associazione Vitadacani, ad Arese, che si occupa di trovare ospitalità per topi e ratti molto più sfortunati di lui. Giuseppe è rimasto con noi ed è perfetto e microscopico. Chiede la colazione molto chiaramente. Gioca con la ruota e mordicchia qualsiasi cosa. Prende le briciole di pane e frutta dalla mia mano e le mangia come un bambino, col mignolo alzato. Adesso vive, sereno e ben pasciuto, se non felice, e senza rischiare la vita. Non sapremmo più fare a meno di lui: siamo fortunati ad averlo qui. Domani, quando non ci sarà più, ci sarà posto da noi per qualche altro topolino di laboratorio.

Giuseppe è salito sul treno giusto: io ho lottato per tenerlo, mio marito ora gli vuol bene, i miei gatti e il cane accettano che condivida casa nostra. E’ stato davvero fortunato. E’ riuscito a scappare, probabilmente da un vicino negozio di serpenti, e a non farsi acchiappare né mangiare. Ha rischiato davvero grosso nel traffico e in strada. Credo che lui abbia davvero voluto andarsene da dove era prima. Non ha nemmeno tentato, quel giorno, di svignarsela tra le mie gambe o fuori dal sacchettino, ma se avesse voluto, avrebbe potuto farlo: è scivoloso e agile e non si riesce mai a toccarlo se lui non vuole. Forse era stanco e affamato…  Purtroppo non vive libero, ma in un gabbione deluxe sopra un mobile. Oggi però, se la gabbia rimane aperta, non tenta di scappare, ma addirittura ci resta sopra a fare toeletta. Forse sa che è un sopravvissuto.”

Novella Torre, Firenze

 

(foto: Giuseppe)

giuseppe

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