Lo spettacolo della fuga

tvLo spettacolo della fuga

Di Laura Lucchini

 

Animali In Fuga è il titolo di un programma che prende spunto dal più noto Great Animal Escape, e propone una serie di sequenze, riprese amatoriali e ricostruzioni che riguardano fughe di molte specie animali, introducendole così:

 «Ogni giorno in ogni parte del globo animali di tutte le specie compiono mirabolanti evasioni, come fossero dei professionisti dell’evasione appartenenti al genere umano. Animali in fuga indaga su questi misteriosi accadimenti mostrando immagini impressionanti e davvero uniche, mentre cattura gli autori di queste evasioni nell’atto stesso in cui le compiono»

E’ così che esperti di animali, veterinari, gente comune, poliziotti, guardie forestali diventano spettatori e persino protagonisti mediatici delle ricostruzioni di tutta una serie infinita di fughe di altri animali dai luoghi di reclusione in cui sono tenuti prigionieri (ovviamente non riconoscendoli come tali).

E come da copione, ad ogni animale è riservato un commento sensazionalistico, buffo, folcloristico.

Quasi che il cortocircuito provocato dalla presenza più o meno improvvisa di un animale in un luogo prettamente umano andasse sminuito, comicizzato, tanto da rendere invisibile la sua ribellione.

«Gli animali sono stufi della natura» dice un esperto di animali selvatici ridacchiando, «e vanno verso le città».

E’ così che la causa di una fuga di elefanti da una parata, con finale in un bar che verrà distrutto, sarà attribuita alla presenza di un piccione a passeggio. E come potrebbe essere altrimenti! Tra l’altro, proprio per questo, il bar acquisterà fama, sarà arredato di conseguenza e rinominato “Arrivano Gli Elefanti”.

La furia deve essere ricondotta all’ordine.

Nelle immagini successive arrivano i tori. Primi fra tutti le vittime della corrida , tra cui il famoso Pajarito, il toro che “vola”. La veterinaria , con occhi sgranati e meravigliati, ci parla della struttura delle corna di questi animali, della loro possenza pericolosa.

Le immagini che scorrono, la tragica fine riservata ai tori proprio non la riguarda.

Poi c’è la storia del toro fuggito da un allevamento che finisce in un supermercato. La sequenza si apre col primo piano di un taglio di bistecche. E poi lui, mentre furioso si getta contro scaffali e primizie del non-luogo per eccellenza.

La sua disperazione è invisibile. Verrà poi recuperato dall’allevatore dopo una lunga Resistenza.

L’esperta veterinaria riappare per spiegarci che questi animali, una volta fuori dall’allevamento, ritornano ad essere aggressivi perché «tendono a ricreare le gerarchie».

Se gli orsi fuggono è perché son stufi di procurarsi il cibo da soli, se una cagnetta scappa continuamente fino a saltare il muro di un recinto alto più di due metri si pensa di iscriverla all’ “America’s got talent” , la rassegna dei talenti made in USA.

Se un elefante “passeggia”, in una noiosa cittadina canadese, il poliziotto che ha registrato la segnalazione, avrà modo di mostrare le sue “doti investigative” pronunciando ad alta voce che «non esistono elefanti in Canada!» e risalendo così alla fuga dell’elefante prigioniero di un circo, poi ricondotto agli arresti.

E così via.

Il circuito mediatico ha così raggiunto il suo scopo. Influenzare lo spettatore, scritturare gli animali e spettacolizzare le loro ribellioni, fino a ripristinare l’ordine.

Ingiustizia è fatta.

 

«La semplice fuga non fa notizia. È necessario un avvenimento bizzarro che scateni la ricerca della latitante. E ancora non basta: c’è bisogno di una caccia al tesoro per far muovere la stampa; e una volta che la stampa si muove non è per raccontare una storia di ribellione e di repressione, la storia di una lotta dagli esiti incerti. I giornali parleranno invece di un divertente gioco infantile»

(S. Cappellini, M. Reggio, Quando i maiali fanno la rivoluzione, in “Liberazioni”, n. 16)

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