Mala Zimetbaum, Edek e tutt* gli altr*

 

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“Anche ammettendo che fossero riusciti a superare lo sbarramento di filo spinato e la griglia elettrificata, a sfuggire alle pattuglie, alla sorveglianza delle sentinelle armate di mitragliatrice nelle torrette di guardia, ai cani addestrati alla caccia all’uomo: verso dove avrebbero potuto dirigersi? Erano fuori dal mondo, erano uomini e donne d’aria. (…) Inoltre, in tutti i Lager la fuga di un solo prigioniero era considerata una mancanza gravissima di tutto il personale di sorveglianza, a partire dai prigionieri funzionari fino al comandante del campo, che rischiava la destituzione. Nella logica nazista, era un evento intollerabile: la fuga di uno schiavo, specie se appartenente alle razze di “minor valore biologico”, appariva carica di valore simbolico, avrebbe rappresentato una vittoria di colui che è sconfitto per definizione, una lacerazione del mito; ed anche, più realisticamente, un danno obiettivo, perché ogni prigioniero aveva visto cose che il mondo non avrebbe dovuto sapere. Di conseguenza, quando un prigioniero mancava all’appello (cosa non rarissima, spesso si trattava di un errore di conteggio, o di un prigioniero svenuto per esaurimento) si scatenava l’apocalissi. L’intero campo veniva messo in stato d’allarme; oltre alle SS addette alla sorveglianza intervenivano pattuglie della Gestapo; Lager, cantieri, case coloniche, abitazioni dei dintorni venivano perquisite. Ad arbitrio del comandante del campo, venivano presi provvedimenti d’emergenza. I connazionali o gli amici notori o i vicini di cuccetta dell’evaso erano interrogati sotto tortura e poi uccisi; infatti, un’evasione era un’impresa difficile, ed era inverosimile che il fuggitivo non avesse avuto complici o che nessuno si fosse accorto dei preparativi. I suoi compagni di baracca, o a volte tutti i prigionieri del campo, venivano fatti stare in piedi, nella piazza dell’appello, senza limiti di tempo, magari per giorni, sotto la neve, la pioggia o il solleone, finché l’evaso non fosse stato ritrovato, vivo o morto. Se era stato rintracciato e catturato vivo, veniva punito invariabilmente con la morte mediante impiccagione pubblica, ma questa era preceduta da un cerimoniale vario da volta a volta, sempre di ferocia inaudita, in cui si scatenava la crudeltà fantasiosa delle SS. Ad illustrare quale impresa disperata fosse una fuga, ma non solo a questo scopo, ricorderò qui l’impresa di Mala Zimetbaum; vorrei infatti che ne rimanesse memoria. L’evasione di Mala dal Lager femminile di Auschwitz-Birkenau è stata narrata da più persone, ma i particolari concordano. Mala era una giovane ebrea polacca che era stata catturata in Belgio e che parlava correntemente molte lingue, perciò a Birkenau fungeva da interprete e da portaordini, e come tale godeva di una certa libertà di spostamento. Era generosa e coraggiosa; aveva aiutato molte compagne , ed era amata da tutte. Nell’estate del 1944 decise di evadere con Edek, un prigioniero politico polacco. Non volevano soltanto riconquistarsi la libertà: intendevano documentare al mondo il massacro quotidiano di Birkenau. Riuscirono a corrompere una SS e a procurarsi due uniformi. Uscirono travestiti e e giunsero fino al confine slovacco; qui vennero fermati dai doganieri che sospettarono di trovarsi davanti a due disertori e li consegnarono alla polizia. Vennero immediatamente riconosciuti e riportati a Birkenau. Edek venne impiccato subito, ma non volle attendere che, secondo l’accanito cerimoniale del luogo, venisse letta la sentenza: infilò il capo nel cappio scorsoio e si lasciò cadere dallo sgabello. Anche Mala aveva risoluto di morire la sua propria morte. Mentre in cella attendeva di essere interrogata, una compagna poté avvicinarla e le chiese: “Come va, Mala?” Rispose: “A me va sempre bene”. Era riuscita a nascondersi addosso una lametta da rasoio. Ai piedi della forca si recise l’arteria di un polso. L’SS che fungeva da boia cercò di strapparle la lama, e Mala, davanti a tutte le donne del campo, gli sbatte sul viso la mano insanguinata. Subito accorsero altri militi, inferociti: una prigioniera, un’ebrea, una donna, aveva osato sfidarli! La calpestarono a morte; spirò, per sua fortuna, sul carro che la portava al crematorio”.

Primo Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, 1986

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Giovane toro evade dal lager della morte.

Carrasco (Uruguay), 20 gennaio 2016

Ci son volute quattro ore e più di dieci persone per ricatturare uno splendido e giovane bovino che ha lottato per la libertà.

Una volta fatto scendere dal camion ha superato le barriere interne del mattatoio ed è corso in strada e ha resistito con tutte le sue forze.

Alla fine è stato sedato e ricondotto al lager della morte.

Le solite false preoccupazioni per la tutela del vicinato e nessun pensiero per quella vita, con un dispiegamento di polizia da azione antiterrorista.

“E’ un animale normale a tutti gli effetti”- risponde asciutto nell’ intervista un responsabile del Frigorífico Carrasco S.A (Minerva Foods) – ” la sedazione per tranquillizzarlo è stata fatta con cura da un veterinario esperto e non presenta tossicità. Già da domani potrà essere reinserito nel circuito della carne”

A nulla sono valsi i tentativi dell’associazione “Animale sin Hogar” per salvare la vita all’animale..

L’associazione, conosciuta per aver salvato e accolto 250 animali,  ha pubblicato sul proprio sito tutte le fasi legate alla richiesta di liberazione e le interviste alle tv locali.

Ingiustizia ha trionfato.

Accorato e lucido il ringraziamento degli attivisti per tutti coloro che si sono uniti per sostenere la liberazione del giovane manzo ribelle.

Qui la nota dell’associazione e tutti i riferimenti

Qui articolo e video

( Fonte: www.subrayado.com.uy )

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Traccia

Rio Saliceto (RE), 20 gennaio 2016

Sull’auto ha lasciato l’impronta del suo corpo. Era evasa da una fabbrica di latte e carne ed ha trovato la morte sulla strada.

Qui la notizia

 

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Tilikum n. 2

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Segnaliamo l’uscita del n. 2 del bollettino del gruppo La Lepre, “Tilikum” (orca ribelle di cui abbiamo parlato su questo blog), che contiene, fra le altre cose, una rubrica sugli atti di resistenza degli animali.

da: lalepre.noblogs.org

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E’ disponibile il secondo numero di TILIKUM, pubblicazione di liberazione animale, umana e della terra, realizzata dal gruppo La Lepre e altre individualità affini.

Per richiedere copie cartacee: lalepre@canaglie.org

Indice di questo numero:

-Guerra aperta. Intervista a Nicole Vosper -Antispecismo e domesticazione animale -Notizie ed aggiornamenti -Sul corpo delle donne -Natale con l’ALF-Animali ribelli -Azioni dirette -Animali transgenici -A proposito di violenze sessuali -Mass media e liberazione animale: un’alleanza impossibile -Aggiornamenti e indirizzi prigionieri/e

E’ anche possibile scaricare il pdf in versione lettura online:

http://lalepre.noblogs.org/files/2016/01/tilikum2_lettura.pdf

o già impaginato per la stampa:

http://lalepre.noblogs.org/files/2016/01/tilikum2_stampa1.pdf

Aiutateci con la distribuzione!

http://lalepre.noblogs.org

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“Colpevole” di bloccare il traffico, lo fermano con 20 pistolettate e una fucilata.

Assia –  Germania, dicembre 2015.

La pericolosità sociale è sempre un buon argomento per scatenare   la macchina  della repressione. Lui era solo evaso da una  stalla e non era colpevole di nulla, neanche per essere recluso.

Qui l’articolo

(Fonte: www.tv.ilfattoquotidiano.it)

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Lunga vita, Freddie!

Queens (USA), 21 gennaio 2016

Fuggiva dalla condanna a morte il bovino che è stato visto fare avanti e indietro lungo l’affollata Jamaica avenue, nel quartiere in cui sorge un mattatoio nel Queens (nyc, usa).

Nella periferia newyorkese sono presenti diversi mattatoi che detengono animali vivi. E non è infrequente che ci siano fughe.

Una volta in strada il povero animale correva da una parte all’altra assaporando pochi minuti di libertà.  Come accade spesso la presenza di un animale ‘insolito’ in quanto ‘ da reddito’ ha suscitato  lo stupore misto ad un senso di disagio. Qualcuno si è detto contento di vedere una mucca in giro per la città, anche se sarebbe fuggito ‘se si fosse avvicinata troppo’.

Ricatturato dalla polizia e ‘senza incidenti’ è stato ricondotto al mattatoio dove era previsto fosse ucciso prestissimo.

‘Ammazziamo il venerdi’ aveva detto un macellatore.

Ma la notizia, diffusasi rapidamente, ha allertato diverse  associazioni animaliste, attivisti  e altri solidali. Numerosissime sono state le telefonate e le richieste di rilascio. E’ di pochi minuti fa  la conferma che oggi, a poche ore dalla fuga, Freddie, così è stato chiamato il bovino ribelle, è diretto al controllo veterinario e sarà ospitato presso lo Skyland Animals Center and Rescue.

Lunga vita Freddie!

Qui il VIDEO dell’evasione

GALLERIA FOTO

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Vitelli evasi dal ‘ranch’

Cowboys’ Guest Ranch, Voghera (PV), dicembre 2015

In questo luogo dove si finge d’essere cowboys e cowgirls e ci si sollazza con rodei, raduni di vitelli e bistecche cotte in riva al fiume, stavolta tre vitelli gliel’hanno fatta fare sul serio la corsa per riprenderli…

QUI la notizia

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Conferenza sulla resistenza animale – Parigi, 15 febbraio

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Si terrà a Parigi, il 15 febbraio, la conferenza sulla resistenza animale promossa da Vegan Folie’s.

 

La resistenza animale: perchè dobbiamo parlarne?

Una conferenza proposta e organizzata da Vegan Folie’s, basata principalemente sui seguenti lavori:
1) Sarat Collling : “Animals without Borders: Farmed Animal Resistance in New York” (2013)
2) Dinesh Wadiwel : “Do fish resist ?” (2015)

Seguirà dibattito.

Ingresso libero e gratuito

Sotto il programma della giornata e altri dettagli.

Continua a leggere

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Reclusi che uccidono

Civitella Roveto (AQ), gennaio 2016

All’improvviso ci sono note acutissime di dolore e poi macigni di silenzio. Ci sono lutti che i singoli e la collettività possono vivere e morti che invece sono l’unico obiettivo già prima della nascita forzata. Viventi che non possono che essere frustrat* dalla loro esistenza reclusa scalciano, incornano, calpestano… i corpi reagiscono con violenza improvvisa. Ma non inaspettata. Chi fabbrica carne, latte e infiniti scarti comunque da usare fino all’ultimo pezzetto d’unghia lo sa meglio degli altri che i corpi vivi non si arrendono mai. E che, se si abbassa la guardia, è la fine.

QUI la notizia

QUI di un altro ferimento mortale

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Evasione nella stiva

NY, maggio 2012

Nella stiva dell’aereo un carico di sessanta schiav* destinati alla prigionia e alla tortura della vivisezione. Una riesce a scappare dalla gabbia. Se ne accorgono, la cacciano, la riprendono… e l’aereo può ripartire col suo carico di dolore e frustrazione. Le grida assordanti non arrivano ai piani superiori, a chi, ignar* o indifferente, attende il sospirato decollo.

QUI la notizia (sole24ore.com)

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