Ancora su un cavallo suicida

???????Pubblichiamo due riflessioni a caldo sull’episodio di cui abbiamo dato notizia in questi giorni.

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— Ale —

Prendete con le pinze le mie riflessioni perché non so bene cosa pensare in merito a questa vicenda, di certo bisognerebbe saperne di più, soprattutto perché i racconti che vengono riportati dai giornalisti son sempre da prendere con le pinze (dico così per essere buona).
A. l’ha definita bene …angosciante!
Non è raro che i cavalli scelgano di morire ma, potendo, solitamente lo fanno in altro modo. Non vorrei che la fine di questo cavallo sia dovuta ad un incidente (anche se “incidente” non è la parola giusta dato che, e questa è l’unica certezza, non è stata una sua scelta trovarsi lì con qualcuno in groppa …felice lui, il cavaliere, di immaginarsi libero). Vien da pensare che qualcosa l’abbia spaventato (un rumure, la puntura di un insetto o di una medusa, un’onda bassa bassa che gli è arrivata alle gambe …le possibilità son veramente tante e ripeto, bisognerebbe saperne di più anche sulle abitudini, o per meglio dire “non abitudini” di questa creatura se, cosa non strana, si trattava per esempio di un cavallo abituato a vivere rinchiuso la maggior parte del tempo in un box) e in preda al panico si sia diretto verso l’acqua alta. Vi confesso che temo che a quel punto il panico sia aumentato portandolo a perdere totalmente il controllo, andando a finire dove l’acqua era più alta mentre cercava la riva …non so come siano andate le cose, ma il pensiero che mi attraversa è veramente brutto, immagino il terrore, l’acqua che lo soffoca… e non riesco a vedere nulla di romantico in questo, nessuna cavalcata verso la libertà, solo paura, sofferenza e morte.
Quando sento parlare i “cavallari” delle passeggiate in riva al mare, da sempre, provo solo ribrezzo …quanta ignoranza, quanta ipocrisia…

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— Egon —

Ho conosciuto molti cavalli e cavalle che si sono uccisi all’ippodromo, schiantandosi su recinzioni o su altri cavalli ( un cavallo che muore non fermandosi alla fine della dirittura d’arrivo della pista e andandosi a schiantare sulla recinzione metallica quanto ci riverebera i prigionieri nei campi che sceglievano di morire correndo sulle recinzione elettrificate?).
Quello che ci chiediamo è se questi animali sanno che stanno andando a morire, come lo sapevano gli animali umani che morivano fulminati.
Ma forse questa non è la domanda giusta.
Un cavallo che corre fino a morire, affogato o traumatizzato contro un ostacolo o sfiancato, fà una cosa che gli appartiene nel profondo: scappa da qualcosa, scappa per non farsi prendere.
Ci sono momenti che questo richiamo si scatena in modo irrefrenabile ed incomprensibile per noi umani ed il cavallo entra in un mondo che lo separa in modo chiaro dalla nostra possibilità di interferenza.
Quello che mi sembra allora importante forse, dopo chiaramente la tragedia personale di questo animale che mi fà stare male, è il fatto che questo cavalli si sottraggono completamente a noi, noi veniamo tagliati fuori e questo ci riempie di sgomento ma anche di risentimento. La cavalla che, per ragioni che noi non sappiamo, forse anche un insetto entratole in un orecchio, sotto i miei occhi, ha cominciato a correre fuori controllo, con il suo fantino ancora in groppa, in senso contrario sul viale di accesso alle piste, morendo scontrandosi frontalmente con un altro cavallo che sopraggiungeva, ha lasciato tutti gli umani presenti in uno stato di shock, perchè tutti si sono sentiti tagliati fuori e la cavalla ha assunto agli occhi di tutti, che certo non erano fini antispecisti, la figura di un animale che in qualche modo gli ha gabbati, è stata più forte di tutti nel sottrarsi. Secondo me è proprio questa sottrazione la cifra più importante del discorso, ripeto, dopo il lutto per l’animale. Questi animali domestici, così presi nelle nostre reti, nelle nostre relazioni di dominio (il paese dove questa storia del cavallo affogato si è consumata è un paese da cui provengono tanti fantini), nel nostro mondo antropico, trovano il modo di sottrarvisi negandosi completamente ed entrando in una dimensione conosciuta solo da loro. In qualche modo, in maniera tragica, interrompono la relazione con noi.
Così entrano anche nella dimensione del simbolo.

 

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