Birba, un cane che ha collaborato alla propria liberazione

Riceviamo e pubblichiamo questa storia di un cane (Birba) che ha collaborato con chi la stava liberando e, alla fine, ha deciso con chi voleva vivere.

*****************************************************************************************************silence

Il tutto successe qualche anno fa, in inverno, in montagna, mentre eravamo in visita alla nostra amica Emma. Emma, mio marito, io e le nostre due cagnoline eravamo andati a fare una passeggiata dall’altro versante della valle. Appena fuori dal paese incontriamo un signore che armeggia con le ciotole luride e con la catena troppo corta di un cane legato in un recinto malmesso. Scambiamo due parole del tipo “ma il cane non c’ha freddo?” “no, è nato qui, è abituato..”. Al ritorno dalla passeggiata ripassiamo davanti al cane (anzi alla cagna, da ora in poi Birba, 20 chili di pelo grigio un po’ ispido e disordinato). Birba con una manovra rapida e misteriosa si libera dal collare di cuoio (sfilando il collo e lasciando il collare incastrato nella rete) e ci segue, abbaiando festosa/impaurita, nonostante i nostri tentativi, decisi, di farla tornare alla sua cuccia. Magra e simpatica, Birba si inserisce nel piccolo branco con una naturalezza incredibile, come da sempre fosse stata con noi. Noi pensiamo che forse scappa abitualmente e che comunque la valle è piccola e di certo sa il fatto suo. Saprà tornarsene a casa senza problemi. Arrivati a casa le diamo da mangiare (tre secondi e il cibo sparisce) e la chiudiamo fuori nella neve e nella speranza che se ne torni da dove è venuta. Pia illusione. Dopo un’ora è bellamente sdraiata sullo zerbino fuori dalla porta. Dopo due ore “bussa” alla porta con per entrare con noi. Ovviamente entra. Ha le pulci. Tante. Che facciamo? Entra in casa come se la conoscesse già. Le procuriamo un piano di cartone per dormire sul pavimento gelido e lì si sdraia felice. Ubbidientissima. Ha capito che si può rilassare. Sta con noi la notte. Il mattino presto le diamo da mangiare e apriamo la porta nella flebile speranza che se ne torni a casa sua. Piissima illusione. E’ ovvio che verrà con noi a fare la gita in alta quota che abbiamo programmato. Pensiamo, però, di andare prima a lasciare un biglietto alla sua “cuccia”: “ieri sera il cane ci ha seguiti. E’ arrivato fino a casa nostra. Speravamo che fosse tornato qui ma evidentemente non c’è. Se vuole informazioni telefoni al …”. Andiamo a fare la gita. La neve è bellissima, Birba ha una medaglietta provvisoria tolta ad una delle nostre canine, giusto nel caso si perdesse nella valle anche per lei nuova. E’ totalmente superflua. Passiamo dalla farmacia e le mettiamo del frontline. Ci cammina al fianco, attaccata al ginocchi come i cani pastore, senza problemi. Quando si allontana correndo e abbaiando come una pazza nella neve, torna immediatamente al primo richiamo. E’ assolutamente educatissima. Intanto noi ci stiamo disperando: abbiamo due cani e sei gatti, tre dei quali con seri problemi di salute. Ogni volta che vogliamo andare via per qualche giorno è già un grosso problema. Come si farebbe con un altro cane? E se non andasse d’accordo coi gatti? E in auto? Due cani li si può portare a passeggio, ma tre in contemporanea… E poi, se il signore che deteneva Birba, prende un altro cane da trattare allo stesso modo…  siamo punto e a capo… Insomma, eravamo molto combattuti ma era certo che un essere con una tale determinazione a stare con noi non l’avevamo mai incontrato. Fin dal primo istante aveva deciso: se ne andava da dove stava e veniva con noi.

Nel mezzo della gita, a metà mattina, telefona il signore: “il cane vale oro, è bravissima con le capre, forse vi ha seguito perché è in calore… dove l’avete vista l’ultima volta? Vado subito a cercarla… Ce l’ho da tre mesi… non è mai scappata… Magra? Troppo? … Le do da mangiare due volte al giorno… Pulci?? ma nooo, impossibile…” Noi: “Bene… se la dovessimo ritrovare vicino a casa quando rientriamo, le telefoneremo”. Mentre il signore la va a cercare dove di certo non è, noi rientriamo dalla passeggiata. Forse Birba stava già pensando “È fatta. Che bello stare con questi qua”. Dopo altre angosce, pensamenti e ripensamenti decidiamo che se il signore ci tiene così tanto al cane, forse la vita di Birba non è così meschina come crediamo, magari va all’alpeggio con le capre e viene legata solo di sera per fare un po’ la guardia.

Arrivati a casa telefoniamo al signore e gli diciamo che il cane è da noi. Fissiamo un appuntamento per consegnarglielo. Quando lo vede Birba scodinzola leggermente. Lui l’accarezza e ci dice che nella cuccia ha la paglia, che mangia regolarmente due volte al giorno, che non la fa sterilizzare perché i cuccioli li piazza sempre (nella valle è usanza che tengono un cucciolo, gli altri “spariscono” appena nati, sterilizzare è “contro natura”), che ha altri 4 cani, non più adatti al lavoro che però tiene lo stesso perché gli vuole bene, che Stella (così era il nome originario di Birba) è quasi sempre slegata e in giro libera con le capre e non è mai scappata prima….” La carica in auto e se ne vanno via. Noi tiriamo un sospiro di sollievo. Birba ci guarda dal finestrino.

Emma, da una finestra di casa sua, con un binocolo, vede la “casa” di Birba e si impegna a tenerla d’occhio per tutto il tempo della vacanza. Per i 20 giorni che Emma rimane in montagna, Birba non viene mai slegata dalla sua catena e il signore (che abita a pochi metri di distanza da Birba) passa si e no una volta al giorno e le getta qualche pezzo di pane secco e le mette qualche avanzo nella ciotola. Emma le porta biscottini e cibo e qualche coccola attraverso la rete.

L’avevamo tradita. L’avevamo riconsegnata ad un destino a cui lei si era opposta. Lei lì non ci voleva stare e ce lo aveva fatto capire nel modo più esplicito. Birba non voleva stare dove stava. Ha fatto tutto ciò che era in suo potere per cambiare la sua vita.

Noi poi abbiamo scritto la sua storia e cercato un’adozione. Appena avessimo avuto una famiglia per lei, saremmo tornati in montagna per prenderla e portarla con noi.

L’adozione arriva. Signora sola, ricchissima, residente in montagna, con ampissimo giardino/bosco. Che c’è di meglio per un cane nato e vissuto in montagna? Partiamo per la spedizione “salvabirba”. Il problema è che Birba abbaia molto appena si emoziona. Come si fa a portarla via, silenziosamente, a pochi metri dal signore? In qualche modo faremo…

Lasciamo l’auto a debita distanza e arriviamo alla “cuccia” camminando nella neve, da “dietro”. Birba ci sente, ci vede nel buio. Riconosce Emma e me. Capisce al volo. Anche se non conosce gli altri due amici sa che può fidarsi (incredibile perché Birba si rivelerà un cane molto diffidente e tutt’ora abbaia a chiunque. Di piacere se conosce bene la persona, di paura se diffida. E’ davvero eccessivamente rumorosa.)

Il signore con un filo di ferro aveva stretto il suo collare così che non potesse più sfilarselo. Noi ci avviciniamo a lei, la sleghiamo, e lei, silenziosissima e scodinzolante, come in punta dei piedi e come fosse la cosa più ovvia del mondo seguire 4 sconosciuti alle 4 di notte, senza un gemito, senza un rumore, ci viene dietro nella neve alta. In auto soffre un po’. Ansima. Sarà l’emozione?

La mattina seguente siamo nella casa della signora. Birba sembra essere a suo agio. Forse un po’ spaesata in mezzo all’arredo elegante. E’ un po’ agitata. E’ normale.

Riconoscenti e felici ce ne andiamo.

Dopo due giorni la signora mi chiama e mi dice che non può tenere Birba. Birba è psicopatica, ha paura di tutto, è ingestibile. In giardino non la può lasciare perché c’è qualche buco nella rete. “Venite a riprendervela. Mi dispiace molto ma non posso tenerla”.

Dramma. Panico. E ora?

Tradita una volta non può essere tradita un’altra.

Birba alla fine è rimasta con noi. Non abbiamo cercato altre adozioni. Era riuscita a evitare anche la signora. Era finalmente arrivata a casa. Come aveva deciso fin dall’inizio.

E’ un cane selvaggio, rimasto selvaggio. Non sa andare al guinzaglio e ha tuttora terrore del traffico. Ma quando camminiamo nei prati e nei boschi, da cinque anni mi cammina attaccata al ginocchio e guarda ogni mio sguardo, salvo partire ogni tanto per delle corse sfrenate inseguendo il suo gregge immaginario. Sembra felice.

Questa voce è stata pubblicata in 1 - storie di rivolta, 6 - altri luoghi di detenzione, 7 - evasioni e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.