Quando le specie si alleano

 

Copertina di "La vendetta delle orche"

Riportiamo un episodio di resistenza al bracconaggio che vede la cooperazione di ben tre specie non umane (ippopotami, leoni e rinoceronti), raccontato da Roberto Inchingolo nel suo La vendetta delle orche e altre storie di resistenza animale (Codice edizioni, 2024)

Bracconiere viene mangiato dai leoni dopo essere stato cacciato via da un branco di ippopotami, titolava un articolo sul web. Sarebbe accaduto nel 2010 nel Parco nazionale Kruger, la più grande riserva naturale del Sudafrica. Altri due bracconieri riusciti a fuggire avrebbero raccontato questo dopo essersi costituiti alle autorità: stavano piazzando delle trappole a laccio nella riserva quando vennero colti di sorpresa da un gruppo di ippopotami.

Chi conosce anche solo di sfuggita questi animali sa che con gli ippopotami c’è poco da scherzare: sono molto territoriali, e 1.500 chili di ippopotamo in carica sono spesso letali. Ma durante la fuga uno dei bracconieri venne spinto verso un branco di leoni che si trovava poco distante. I ranger che esaminarono la zona rinvennero resti parziali di un teschio umano e brandelli di vestiti. Non rimaneva che concludere che i leoni del parco si fossero fatti giustizia da soli.
A questa storia quasi non volevo credere: due animali da sempre in conflitto che si trovano a collaborare, per caso o necessità, contro un nemico comune. Ippopotamo e leone, Hippopotamus amphibius e Panthera leo, che mettono da parte le divergenze per coalizzarsi contro la più impellente minaccia umana. Come quella scena di un famoso cartone, dove Bugs Bunny e Daffy Duck mettono su cartelli con scritto «Rabbit Season» e «Duck Season» per invogliare Taddeo a sparare a uno di loro, per poi accorgersi a un certo punto che sarebbe stato meglio affiggerne uno che dicesse «Human Season». Ma questa vicenda è accaduta 13 anni fa, in rete si trova solo un paio di menzioni sommarie e la fonte cui fanno riferimento, un articolo su “The Sun”, è ormai offline. Forse la ricostruzione
giornalistica dei fatti era di fantasia. Forse la morte del bracconiere c’entrava poco con l’inseguimento degli ippopotami. Dovevo saperne di più, o semplicemente avere una
conferma che fosse successo davvero. Così contattai per email l’unica persona citata per nome nell’articolo, la portavoce del parco Laura Mukwevho.

Dodici giorni dopo arrivò nella mia casella di posta una replica di Mukwevho, con allegato il comunicato stampa originale rilasciato dal Parco Kruger, datato 23 marzo 2010. Ed era
tutto vero: secondo quanto dichiarato dal distretto di polizia di Mkhulhu, i bracconieri avrebbero confessato di essersi addentrati nel parco la notte del 12 marzo tramite l’accesso più vicino al centro urbano, meno battuto rispetto ad altri varchi di solito usati dai tour guidati, e di aver piazzato trappole in giro con l’intenzione di catturare rinoceronti. Coi suoi 19.000 chilometri quadrati di habitat protetto, il Kruger è una delle roccaforti della sopravvivenza del rinoceronte bianco, Ceratotherium simum, e il bracconaggio è spietato in quella zona.

Nonostante gli sforzi costanti e un lieve miglioramento della situazione negli ultimi anni, dal 2013 il Kruger ha perso il 59 per cento dei suoi rinoceronti; a oggi ne rimangono poco
più di 200 nell’intero parco. L’ondata di bracconaggio in Africa ha avuto il suo picco proprio in quella zona e proprio tra il 2007 e il 2014. Ma i bracconieri della nostra storia non hanno catturato nulla: tornati sul posto la notte seguente, hanno trovato tutte le trappole vuote. E si sono accorti troppo tardi di aver disturbato un gruppo di ippopotami, che nei confronti degli esseri umani, bracconieri o meno, hanno pochissima pazienza
(come vedremo nel capitolo successivo, nella classifica degli animali responsabili di più decessi troviamo proprio l’ippopotamo). I bracconieri scapparono in direzioni diverse, ma
solo due fecero ritorno a casa quella notte. Informarono così i famigliari del disperso, i quali il 17 marzo misero al corrente le autorità. I ranger del parco impiegarono due giorni a setacciare tutta l’area prima di trovare i resti. Né gli ippopotami né i rinoceronti mangiano gli esseri umani, e siccome nella zona il parco ospita anche famiglie di leoni, è facile arrivare a una sola conclusione. Il comunicato si concludeva con le condoglianze alla famiglia del bracconiere defunto e un monito a prendere le giuste precauzioni prima di addentrarsi in un parco che ospita specie così pericolose.

Ci troviamo quindi di fronte a un caso di cooperazione fortuita non tra due specie animali, bensì tre, la cui sopravvivenza è messa a repentaglio dal bracconaggio. In un altro caso più
recente sarebbero addirittura quattro, perché si sono messi in mezzo anche gli elefanti. È accaduto sempre al Parco Kruger, e con una dinamica molto simile: un gruppo di cinque bracconieri entrò di soppiatto per intrappolare dei rinoceronti, ma venne scoperto da una famiglia di elefanti africani, Loxodonta africana. Quattro riuscirono a mettersi in salvo, ma uno venne invece travolto dagli elefanti in carica, e il suo cadavere rimase in balia dei leoni. Anche in questo caso i ranger hanno trovato un paio di pantaloni e un teschio umano (evidentemente i leoni del Kruger sono un po’ schizzinosi). I resti del bracconiere
furono poi rinvenuti nei pressi del Ponte dei Coccodrilli, e chissà che non c’entrino anche loro. Questa storia risale all’aprile 2019 ed è più facile da verificare: il comunicato originale, con annesse condoglianze alla famiglia del defunto e preghiera da parte dell’amministrazione del parco a non entrare illegalmente, si può ancora reperire in rete.

 

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