Stiamo guardando un video sui commenti all’evasione di Macadamia, un piccolo roditore detenuto nello zoo di Washington (video). E’ riuscito a rosicchiare le sbarre fino a crearsi un varco per uscire, poi è scappato. Ha usato la sua forza e suoi denti per andarsene da un posto dove qualcuno lo aveva rinchiuso. Il video è stato montato con cura. C’è proprio un servizio giornalistico dal titolo accattivante: “Piccolo roditore, grande fuga”, ne hanno parlato da una rete televisiva americana. Continuiamo a guardare il video e scopriamo che Macadamia è stato comunque ricatturato e riportato nella sua prigione.
Si sa, queste evasioni difficilmente portano alla libertà. Sono tentativi disperati, improvvisati, slanci spontanei alla ricerca di spazio, luce, aria, libertà. Trascorrere ore a rosicchiare le sbarre per uscire perché qualcuno ti ha rinchiuso, però, è anche parte di un linguaggio universale, difficile fraintendere, difficile fingere di non capire. Macadamia le ha rosicchiate, ci è riuscito. Forse erano troppo sottili per lui o forse era troppo determinato, e allora ecco la notizia. Ma più guardiamo il video e più ci viene da pensare a tutti quelli che non ce l’hanno fatta, che non sono riusciti a rosicchiare, a sfondare, a scavalcare, a scavare, a rompere, a mordere, ad arrampicarsi, a saltare. Loro non hanno fatto notizia, neppure una parola. Quanti? Migliaia, milioni, miliardi? Tutti quelli che non hanno avuto la spazio fisico per provarci, tutte quelle a cui sono stati tolti denti, corna, unghie, ali, forza, tutti quei corpi martoriati, manipolati, addomesticati, spremuti fino all’ultimo respiro e poi cancellati, schiacciati, annullati.
Ma non basta perché c’è qualcos’altro che colpisce in questo video, qualcosa di imbarazzante, di fastidioso, di angosciante nel suo superficiale cinismo. Stanno ridendo tutti. Ridono i giornalisti, i conduttori della trasmissione, ridono le persone intervistate. Ridono. Qualcuno consuma la sua vita dietro le sbarre, qualcuno te la sta lanciando addosso con un linguaggio universale che non puoi non comprendere. Ma cosa c’è da ridere? Perché? E più guardiamo il video e più, in parallelo, scorrono altri pensieri, altre associazioni. Certo che ridono, che altro potrebbero fare? La ridicolizzazione risulta indispensabile per giustificare tutto l’orrore, per continuare a lasciarlo scorrere nell’indifferenza. La narrazione di queste fughe, di questi disperati tentativi pesa così tanto che deve essere elaborata e trasformata in una sorta di cartone animato, in uno spettacolo divertente, comico, in poche parole irreale. Chi ride non è un mostro, è una persona con degli ideali, una persona che crede nei principi etici fondamentali, come potrebbe dormir sonni tranquilli di fronte ad un individuo rinchiuso per tutta la vita in una gabbia solo perché deve essere mostrato al pubblico? Un individuo che rosicchia le sbarre per evadere, che viene ricatturato e rimesso in gabbia, per tutta la vita?
Poi il video finisce, ma i pensieri non si fermano. Ti rendi conto che, dopo aver rubato i corpi, la libertà, la vita, siamo riusciti a fare di più. Stiamo ridicolizzando la loro ribellione, la loro resistenza, la loro lotta per renderle innocue. Stiamo spegnendo ogni possibile sana risposta a chiare richieste di libertà, ogni possibile percorso comune verso la Liberazione Animale.
Troglodita Tribe