Nel 1965, nel sud-est asiatico, una cucciola di elefante viene rapita, strappata alla sua famiglia e ridotta in schiavitù. Portata in Usa, diviene proprietà del ‘great american circus’. Qui subisce la sorte intollerabile di tanti altri elefanti schiavi: la solitudine, le torture, la prigionia, i lavori forzati, i continui spostamenti sui tir. Janet è costretta a girare lungo il ring del circo trasportando degli umani. Per loro l’euforia di un’esperienza ‘eccezionale’, per lei l’ossessionante ripetizione di tutta una vita. Prova più volte a ribellarsi: durante uno spettacolo in Pennsylvania si rifiuta di obbedire e colpisce il domatore. Questo, in risposta le infila l’ankus (bastone uncinato indiano tipico per il dominio sugli elefanti) in un orecchio e in occhio. Sabato 1 febbraio 1992 il circo è attendato a Palm City (Florida). Janet è bardata come al solito, gli strumenti di costrizione ben occultati. Le fanno salire sulla schiena una donna e altri cinque ragazzini. Ci sono circa 1000 spettatori e un gruppo di animalisti sta presidiando il circo. Janet comincia a dondolarsi, poi inizia a colpire la gabbia di ferro che la separa dal pubblico. Qualche commentatore dirà che è arrivata all’estremo della sopportazione. Si leva il rumore assordante del ferro sconquassato e delle grida di terrore. I tentativi di calmarla la rendono ancora più furibonda, spinge con tutto il suo peso contro la barriera. Urlano alla donna di non gettare a terra i bambini che potrebbero venir calpestati. Un agente che si trova nelle vicinanze accorre e cerca di prenderli per le gambe, ma è lui ad essere afferrato da Janet che lo lancia a dieci metri di distanza e poi gli si avventa contro. Mentre gli inservienti riescono a sottrarlo alla sua furia, l’elefantessa abbatte la recinzione e inizia a correre, sola, verso l’esterno. Cercano di spingerla su un furgone, ma lei lo sfonda, si ferisce, sanguina. Individua un gruppo di inservienti e sembra indirizzare la sua rabbia proprio verso qualcuno di loro, li calpesta, ma ci saranno solo feriti. Da terra raccoglie l’ankus, lo brandisce. Saranno 47 proiettili a fermarla, mentre la gente grida di non sparare. E ci vorrà un’arma militare per finirla.
L’agente responsabile della sua morte, cosciente della nefandezza compiuta, ne è tuttora ossessionato. Ma ad uccidere Janet, a permettere che per denaro si facesse scempio della sua vita, è stata quella visione antropocentrica del mondo che, per poter continuare a reificare gli animali, continua ad ergere gli umani al di sopra di loro.
(Fonti: www.counterpunch.org, www.waterforelephants.com)