Intervista a Paola Canonico sull’occupazione del mattatoio di Torino
A cura di Resistenza Animale
Ciao, cominciamo dall’azione in sé. È stato difficile stare lì e resistere per diverse ore? Come ti sei sentita?
Sì, i mattatoi sono ovviamente luoghi orrendi. Già solo averli concepiti è una follia. Non era la prima volta ma non è mai facile: l’odore di sangue rappreso, le gabbie contenitive, gli strumenti usati per uccidere, i pungoli elettrici. I segni delle cornate lungo il corridoio della morte, a diverse altezze, da cui potevi dedurre l’età degli animali, le strisciate lungo i muri, le mattonelle rotte a testate. I macchinari sono già orrendi, ma i segni della resistenza animale sono ancora peggiori. E quando smetti di notare queste cose perché inizia l’azione e sei incatenata ad altr* compagn*, e realizzi che tutto avviene davanti agli animali che aspettano in coda, è ancora peggio. Il dolore e la rabbia sono disarmanti, in tutte quelle ore hai molto tempo per metterti nei loro panni, immaginarti vitello, maiale, e per comprendere fino in fondo tutta l’efferatezza che si consuma i quei luoghi. La fortuna è che non sei sola, la solidarietà tra persone di differenti nazionalità che non si conoscono e non si sono mai viste è stata commovente, chi era alla sua prima azione è stat* curat*, incoraggiat*, protett+ dai colpi. E posso dirlo senza timore di essere troppo melensa, quella notte siamo stat* la migliore versione di noi stess*, eravamo uman*. E non vedo l’ora di ritrovarl*.