Una resistenza per sottrazione.

Foios,  22 luglio 2017

Circondato da uomini ostili, vedendosi appiccare il fuoco alle corna, uno schiavo decide di schiantarsi il cranio contro il palo a cui lo avevano legato. Forse in preda al panico (come non condividere il suo terrore?), forse (così piace pensare a noi) per il gusto amaro di rovinare la festa ai suoi persecutori: come non ricordare i gladiatori – umani e non – costretti a massacrarsi nelle arene, gli afroamericani linciati e appesi ai lampioni, tutti quei morti e quelle morte, quelle pelli diverse che avvolgevano corpi diversi, su cui è piovuta la rabbia dei “giusti”, degli “uomini dabbene”, dei “legittimi abitanti”? Quando sono i più poveri a godere del sangue versato, quando è il popolo ad infierire sui più deboli, quando su di loro trovano sfogo la frustrazione e le passioni più violente, la rete del privilegio si scopre come in rilievo: razza, specie, classe sono vettori di potere e vanno a spezzare le vite di chi, come questo toro, talvolta viene letteralmente messo all’angolo. Negli ultimi istanti concitati prima del buio perenne, la sua resistenza può manifestarsi sottraendo e non aggiungendo. Nella furia della disperazione, c’è chi può solo uccidersi per ribellarsi alla volontà di chi lo uccide. La gloria e l’infamia, in questo atto supremo di coraggio o in questa inconsapevole evasione verso l’unica superstite forma di salvezza, si mescolano nella fanghiglia della storia. Lo sguardo scorre una sfilata di immagini evanescenti sulla colonna di un giornale online, dall’altra parte dello schermo un animale muore, si occlude un mondo.

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(Fonte: www.video. corriere.it)

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