Calabria è una vitellina

Reggio Calabria, 21 maggio 2016

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Calabria è una vitellina.

Non importa se è scappata da un macello o da un allevamento. Ciò che conta è che si è trovata per le vie di Reggio Calabria alla ricerca di una speranza. Fuggire è sempre un atto disperato, un tentativo alla cieca di trovare un posto migliore, una situazione dove non dovrai stare rinchiuso, dove non ti uccideranno, dove non soffrirai. Quando scappi e non sai dove andare puoi solo contare sul fatto che potrai incontrare qualcuno che ti darà una mano, che, almeno, ti lascerà vivere la tua vita. E non è questione di pianificare o di formulare progetti per un futuro migliore. Perché è l’atto stesso della fuga, è quel correre via verso l’ignoto che contiene tutto questo. Contiene l’inequivocabile denuncia dell’ingiustizia subita, contiene il voler resistere e insistere a vivere, contiene l’utilizzo del proprio corpo per opporsi anziché rassegnarsi. E contiene il riconoscimento del destino sbagliato e orribile che è stato imposto alla nostra esistenza.

Calabria è una vitellina.

E’ scappata e si è trovata in un mondo estraneo, un mondo di odori e rumori che non conosceva e non poteva riconoscere. Si è trovata senza i suoi simili, si è trovata di fronte individui che l’hanno braccata, inseguita con mezzi pesanti, che le hanno sparato. Invece di incontrare quel briciolo di comprensione di fronte ad un corpo diverso che, semplicemente, vuole vivere libero, ha incontrato la furia di chi si avventa per uccidere tutto ciò che non rientra nella nostra truce normalità.

Calabria è una vitellina.

Non è normale che una vitellina cammini per le vie di una città. Bisogna prenderla, catturarla, correggerla, riportarla negli appositi spazi. Hanno usato automobili e pistole, hanno tentato di investirla, le hanno sparato più volte. Hanno inscenato una serie di inseguimenti spettacolari per le vie della città. E quando Calabria, disperata, esausta, terrorizzata, ferita, si è rifugiata in un cortile, allora hanno detto che si trattava di un toro pericoloso che avrebbe potuto mettere a rischio l’incolumità della gente. L’hanno circondata e le hanno sparato ripetutamente fino ad ucciderla.

Calabria è una vitellina.

E’ l’emblema dell’oscuro grigiore in cui viviamo. Calabria ci mostra come degli esseri superiori per mezzi, tecnologia e strategie rispondano ad una richiesta di libertà e di vita. Una risposta sempre uguale, che si ripete puntualmente.
Perché Calabria non è un’eccezione.Forse non tutti lo sanno, ma gli animali che scappano, che si ribellano, che non si rassegnano e resistono sono tanti, tantissimi. E continuano ad essere inseguiti braccati, uccisi.
Sembra un incubo della peggior specie. L’incubo specista del violento dominio i cui protagonisti continuano a reprimere e dominare chi lotta per riprendere la sua vita.

L’unico spiraglio di luce, allora, è la reazione. Occorre riconoscere Calabria come un animale che non si è rassegnato, che ha tentato di resistere all’ingiustizia scappando. Occorre denunciare un comportamento indegno, ingiusto, inaccettabile che, come normale amministrazione, prevede un assurdo, terrorizzante e violento dispiegamento di forze. Occorre parlare e sostenere tutti quegli altri animali che cercano di scappare, pretendendo e lottando affinché non vengano uccisi, affinché possano terminare la loro vita nei luoghi dove non saranno più usati e sfruttati e ammazzati.

E’ poco, certo che è poco. Solo uno spiraglio. Ma almeno possiamo provarci.

Troglodita tribe

 

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